Sgombero del Leoncavallo: ancora una volta si strumentalizza la sicurezza
- Postato il 22 agosto 2025
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di Luca R Perfetti
La Presidente del Consiglio ha giustificato lo sgombero anticipato del Leoncavallo affermando che “le occupazioni abusive sono un danno per la sicurezza”.
Sul piano della propaganda politica, non si fatica a comprendere che l’evocazione della “sicurezza” faccia presa su chi ignora la storia milanese del Leoncavallo. Che si tratti di propaganda non è dubbio, giacché si tratta di uno sgombero conseguente ad uno sfratto e non per ragioni di “sicurezza”.
L’uso della sicurezza, dal punto di vista giuridico, espone a concreti rischi di autoritarismo tutte le democrazie occidentali. Basterà indicare tre profili.
Anzitutto, l’evocazione della sicurezza – in leggi o provvedimenti amministrativi – si accompagna sempre con la compressione contro Costituzione di diritti inviolabili. Non serve rammentare le discipline della pandemia, del susseguirsi dei vari “decreti Sicurezza” o in materia di migrazioni. Si è sempre trattato di normative che hanno consentito spazi di valutazione largamente discrezionale in capo al governo, attraverso i quali “per ragioni di sicurezza”, si è prevista la possibilità di comprimere senza garanzie diritti inalienabili o di segmentare porzioni della popolazione alle quali sottrarre – discrezionalmente – il godimento di questi diritti.
In secondo luogo, l’evocazione normativa della sicurezza serve ad anticipare la soglia di uso di poteri eccezionali, consegnandoli a possibili discriminazioni politiche. La ragione è facile da dire: vi sono poteri emergenziali che ordinariamente si accompagnano solo all’esistenza di un reale e concreto pericolo (si pensi alla protezione civile).
Far scattare la possibilità di utilizzare questi poteri a fronte di ragioni di sicurezza significa anticiparli a situazioni nelle quali v’è anche solo la possibilità, il pericolo, il rischio (incerto, possibile, frutto solo dell’affermazione di chi esercita codesti poteri).
In questi casi, decisioni amministrative – o interi segmenti della legislazione – consentono ai detentori del potere di anticipare l’uso di poteri speciali con l’affermazione del semplice pericolo. E la valutazione circa l’esistenza o meno del pericolo è discrezionale, difficilmente discutibile e verificabile in giudizio, frutto della semplice affermazione di chi esercita il potere. Con il risultato che il presupposto di legge dell’esercizio del potere finisce per diventare la semplice valutazione (anche solo politica) di chi abbia la competenza ad esercitarlo, facendo saltare le categorie dello Stato di diritto.
In terzo luogo, l’esercizio del potere finisce per diventare insindacabile. L’ordinamento, soprattutto rispetto al processo economico, si è popolato di discipline di legge – basta pensare al golden power, alla cybersicurezza, alla recente legge spazio – che prevedono poteri speciali del governo in relazione alla “sicurezza nazionale”. Come tale, l’esistenza di ragioni di “sicurezza nazionale” è il frutto della semplice affermazione di chi esercita questi poteri.
Sostanzialmente insindacabile in giudizio, perché il potere – altrettanto sostanzialmente – è privo di parametri per il suo legittimo esercizio; parametri che, appunto, non siano semplicemente la “sicurezza”. Come tale, un simile parametro si espone a discriminazioni politiche che si sono già abbondantemente viste: perché sgombrare il Leoncavallo per ragioni di sicurezza e non Casapound? Perché ammettere l’investimento aerospaziale di una società e non di un’altra, o perché esercitare i poteri di veto sull’investimento della società che ha sede in un Paese straniero e non quello identico di una con sede in una diversa giurisdizione?
Il Leoncavallo, radicato nella società milanese, risorgerà dopo il terzo sgombero. Si tratta di una storia di mutualismo, socialità, cultura dal basso e controcultura cara alla città. Piuttosto, sul piano della costruzione della convivenza, si pone il problema della disponibilità di spazi autonomi in una città la cui crescita edilizia ha innescato un tema di coesione sociale.
Non è detto, però, che la rinascita valga anche per democrazia e Stato-di-diritto, rispetto al proliferare delle decisioni che si fondano solo sulla “sicurezza”.
* Professore ordinario di diritto amministrativo
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