Sinistra svegliati! Contro l’inflazione e il calo dei consumi serve una nuova scala mobile
- Postato il 13 giugno 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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La sinistra preferisce perdere – come è stato con i cinque referendum promossi dalla Cgil e da altre associazioni – perché è troppo moderata per volere affrontare i veri problemi della gente, che sono invece radicali: attualmente il problema principale per milioni di lavoratori e di famiglie del ceto medio sono i bassi salari che sono (quasi) fermi rispetto all’inflazione che invece continua a crescere. Così i lavoratori diventano sempre più poveri. E’ questo l’elefante nella stanza che il Pd di Elly Schlein e il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte fanno finta di non vedere, e che non vogliono vedere perché non hanno il coraggio di affrontare il problema. Aumentano i prezzi degli alimentari, aumentano le bollette, aumentano gli affitti, aumentano i prezzi delle vacanze. Tutto aumenta meno i salari.
Per adeguare i salari ai prezzi la soluzione è (in teoria) semplice: occorre battersi con forza per una legge che indicizzi i salari al costo della vita, cosicché a posteriori, magari sei, otto mesi o un anno dopo l’aumento dei prezzi, gli stipendi recuperino automaticamente il potere d’acquisto. Ma questa indicizzazione darebbe ovviamente molto fastidio agli imprenditori e sarebbe condannata dall’Europa della signora Ursula von der Leyen, la stessa che vuole spendere centinaia di miliardi per riarmare l’Europa. E quindi l’opposizione non chiede una nuova scala mobile per non disturbare il manovratore. E quindi la sinistra non andrà mai al governo, perché per andare al governo occorre rispondere ai bisogni concreti di milioni di lavoratori e avere il coraggio di disturbare il manovratore.
Si sa già quale è l’obiezione principale all’indicizzazione dei salari; se si aumentano automaticamente gli stipendi si accende la spirale inflattiva: se crescono i salari poi aumentano i prezzi e così crescono ancora i salari e così via. Negli anni 70, affermano con tronfia sicurezza gli economisti e i politici di destra, e troppo spesso anche quelli progressisti, l’inflazione derivò dall’accordo Lama-Agnelli sulla scala mobile. I salari erano troppo alti e crescevano troppo. Ma questo è falso! L’inflazione negli anni 70 fu un fenomeno internazionale e crebbe a causa dell’aumento pazzesco del prezzo del petrolio, della guerra in Vietnam, degli alti deficit statunitensi e della svalutazione del dollaro.
Di per sé la scala mobile non fa aumentare i prezzi. Se infatti dopo sei mesi dalla crescita dei prezzi aumentano anche i salari, questi recuperano semplicemente il loro potere d’acquisto e non provocano una crescita dell’inflazione.
La domanda rimane la stessa di prima e non accende pressione inflazionistica, anzi fa ripartire l’economia. Tanto più che oggi l’inflazione è soprattutto legata all’aumento dei profitti. Le aziende offrono alti dividendi agli azionisti: l’inflazione fa volare i redditi finanziari. Anche lo Stato emette titoli di debito indicizzati all’inflazione: non si vede allora perché i salari non dovrebbero essere indicizzati per legge. Adeguare i contratti sindacali all’inflazione è sempre più difficile perché i rapporti di forza sono sbilanciati a favore del padronato. Ci vuole dunque una legge che, sulla base di un’interlocuzione e una negoziazione tra le parti sociali, salvaguardi il potere d’acquisto dei lavoratori. Anche perché i dazi che Trump, il caro amico di Giorgia Meloni, sta imponendo alle merci europee deprimeranno l’export e la domanda esterna: occorre dunque rilanciare l’economia con l’aumento della domanda interna. La sinistra deve svegliarsi.
La proposta sul salario minimo indicizzato – che ha un largo consenso – riguarda solo quattro milioni di lavoratori, la scala mobile riguarda tutto il mondo del lavoro, cioè 24 milioni di lavoratori, a partire da 17 milioni di dipendenti. Avrebbe un consenso molto più alto. Anche se il governo Meloni sarà contrario, il consenso sarebbe altissimo. Fare i referendum sull’articolo 18 e su altri problemi del lavoro è sacrosanto e nobile: ma questi problemi toccano minoranze di lavoratori e la sconfitta elettorale è praticamente scontata. L’inflazione invece è un problema di tutti.
L’Unione Consumatori denuncia che i prezzi dei beni alimentari e prodotti per la cura della casa e della persona crescono più della media dei prezzi generali. Il Sole 24 Ore riporta che l’inflazione percepita dagli italiani è del 9,9%, e che un italiano su due ha ridotto i propri consumi negli ultimi sei mesi per far fronte all’aumento dei prezzi. Inoltre, il 61% ritiene che il proprio stipendio o pensione non siano adeguati a far fronte al costo della vita e due persone su tre pensano che, a causa dei dazi e della guerra commerciale che potrebbe derivarne, i prezzi nei prossimi mesi cresceranno ancora.
E’ ora che la sinistra trovi il coraggio di affrontare l’elefante nella stanza.
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