Tupac, molto più di un rapper. La biografia di Staci Robinson è un atto di amore politico e personale

  • Postato il 8 luglio 2025
  • Blog
  • Di Il Fatto Quotidiano
  • 2 Visualizzazioni

Si avvicina il trentesimo anniversario dell’omicidio di Tupac Shakur. Un delitto epocale che, nonostante l’inchiesta non si sia fermata e sembri continuamente al punto di svolta, ancora oggi non ha un colpevole. Fiumi di inchiostro sono stati scritti sulla morte e sulla vita di ‘Pac, a testimonianza dello straordinario trascendere il tempo di questo artista così unico e poliedrico. Ci sono biografie che ricostruiscono i fatti. E poi ci sono libri che restituiscono una vita. Tupac Shakur. La biografia autorizzata appartiene a questa seconda, e ben più rara, categoria. Scritta da Staci Robinson – amica, collaboratrice e testimone diretta della parabola artistica e umana di Tupac – l’opera pubblicata da Il Castello nella collana Chinaski non si limita a documentare il mito, ma ne esplora con intelligenza e sensibilità le radici culturali, il peso delle eredità familiari, le contraddizioni di un artista che è stato figlio del suo tempo e voce di tutti i tempi.

La potenza di questo libro risiede nella prospettiva interna da cui viene raccontato: non è un’indagine giornalistica né un’agiografia, ma un atto di amore politico e personale. Robinson, incaricata direttamente dalla madre di Tupac, Afeni Shakur – ex Pantera Nera, attivista e figura cardine della formazione politica e spirituale del figlio – ricostruisce una narrazione che è insieme cronaca e memoria, documento e affetto.

Tupac emerge come molto più di un rapper: è attore, poeta, intellettuale, figlio del movimento per i diritti civili e “nipote” della resistenza nera. L’autrice fa un lavoro chirurgico nel mostrare quanto l’impegno sociale di Tupac non fosse una posa da palcoscenico, ma l’esito diretto di una genealogia militante, sviluppata nell’ombra del COINTELPRO, degli arresti di massa, dei processi politici e delle strategie di annientamento messe in campo dallo Stato contro le Pantere Nere. Questa storia familiare, e il contesto storico che la avvolge, sono raccontati con rigore e partecipazione emotiva, come nella potente narrazione del processo alle Panther 21, dove Afeni si difese da sola e vinse, mentre portava in grembo il futuro Tupac.

Il libro esplora in profondità la complessità del personaggio: il suo genio artistico, l’irrequietezza, l’orgoglio, i momenti di fragilità e gli errori. Ne emerge un giovane uomo che ha cercato per tutta la vita di conciliare la poesia con la strada, la tenerezza con la rabbia, la vulnerabilità con la necessità di apparire invincibile in un mondo che ti insegna a non abbassare mai la guardia. La ricostruzione della faida tra East e West Coast, per esempio, viene ridimensionata alla luce dei fatti e dei sentimenti: Tupac stava cercando la riconciliazione con NAS, stava lavorando al progetto One Nation per unire voci opposte, e probabilmente non smise mai di considerare Notorious B.I.G. un amico. Ma il sistema dell’industria musicale e mediatica – un altro potere da decostruire – aveva altri piani.

L’attenzione di Robinson non è rivolta tanto alla spettacolarizzazione degli eventi, quanto all’intimità delle relazioni, ai momenti dietro le quinte, alle lettere, agli appunti, alle poesie scritte a mano, alle fotografie e alle conversazioni private. Il risultato è un ritratto completo, profondamente umano, che restituisce dignità a una figura spesso piegata ai cliché da giornalismo sensazionalista o dal fandom superficiale.

Come rapper e scrittore, da anni porto avanti laboratori di scrittura e rap negli istituti penali per minorenni in tutta Italia. Posso dire che, nonostante il passare delle generazioni, Tupac è ancora un nome vivo. Viene citato con rispetto e curiosità anche da ragazzi nati ben dopo la sua morte. Per loro è un riferimento che attraversa la musica, certo, ma soprattutto l’idea di riscatto, di rabbia organizzata, di orgoglio identitario. Il suo volto e le sue parole abitano ancora le celle, i fogli scritti a mano, i freestyle sussurrati nel cortile.

Mi ricordo che, qualche anno fa, un ragazzo detenuto alzò la maglietta per farmi vedere il tatuaggio sull’addome: accanto a delle cicatrici da coltellate, si era fatto tatuare un grande THUG LIFE, appunto per imitare Tupac. Quando gli chiesi il significato delle parole, mi rispose con quello letterale: “vita dura, vita da criminale”. Gli risposi con l’acronimo che il grande artista si era inventato: The Hate U Give Little Infants Fucks Everybody: “l’odio che date ai bambini piccoli fotte tutti”. E da lì, aprimmo un percorso di comunicazione, musica e note.

Staci Robinson non chiude un cerchio: lo riapre. Questa biografia non è un punto fermo, ma un invito a proseguire il discorso. L’eredità culturale e sociale di Tupac Shakur non si è spenta con i colpi di pistola che lo hanno ucciso a Las Vegas nel 1996. Vive nei suoi testi, ma anche e soprattutto in ciò che quei testi possono ancora insegnare. La sua storia è un seme, e ogni lettore ha il compito di farlo germogliare, nel proprio tempo e nel proprio contesto.

Il racconto di Tupac non finisce qui. Inizia ogni volta che qualcuno decide di raccoglierne il testimone.

L'articolo Tupac, molto più di un rapper. La biografia di Staci Robinson è un atto di amore politico e personale proviene da Il Fatto Quotidiano.

Autore
Il Fatto Quotidiano

Potrebbero anche piacerti