Una giornata nella Tenuta di Artimino per scoprire la Villa dei Cento Camini e la nuova fondazione Giuseppe Olmo
- Postato il 20 maggio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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A inizio primavera sono stato in un posto molto particolare, suggestivo: uno dei tanti tesori preziosi di cui è disseminata l’Italia. Una giornata nella Tenuta di Artimino, abitata già in epoca etrusca: più di 732 ettari, ricoperti da una distesa di vigneti e uliveti e con annesso borgo medievale. Per la precisione ho ammirato Villa La Ferdinanda, sopra Firenze: conosciuta anche come la Villa dei Cento Camini, fu costruita nel 1596 da un progetto di Bernardo Buontalenti su input del Granduca Ferdinando I de’ Medici. Qui visse Galileo Galilei, per intenderci. Consacrata Patrimonio dell’Umanità Unesco, era stata acquistata, restaurata e rilanciata (nel 1989) da Giuseppe Olmo. Era stata bombardata e sembrava condannata all’oblio, per non dire alla fatiscenza: grazie al suo impegno, è invece tornata a risplendere.
Sulla figura di Giuseppe Olmo, campione di ciclismo e imprenditore all’avanguardia, torno tra poco: intanto vi dico che è stata presentata una Fondazione che porta il suo nome e cognome e ha il quartier generale proprio Villa La Ferdinanda. Il pioniere non c’è più, è venuto a mancare nel 1992: la sua famiglia ha voluto però promuovere quest’iniziativa composita nel terzo settore. Tra tradizione e innovazione, ambiente e arte, mecenatismo e cultura del territorio, e d’impresa.
Uno sguardo particolare sarà gettato sulla ricerca agroalimentare e vitivinicola. Come ha spiegato la presidente Annabella Pascale: “Vogliamo continuare a valorizzare la storia iniziata da mio nonno Giuseppe, oggi divenuta una grande eredità valoriale, industriale e culturale italiana”. Il consiglio di amministrazione è composto da esponenti del mondo accademico, culturale e imprenditoriale. La prima uscita pubblica della neonata fondazione è prevista il 30 maggio, ovviamente ad Artimino, a Villa La Ferdinanda, in collaborazione con La Milanesiana di Elisabetta Sgarbi per una tappa del suo calendario di musica, arte e letteratura.
Una storia novecentesca alla potenza. Nato a Celle Ligure nel 1911 da una famiglia di cinque figli, soprannominato Gepin, a vent’anni Giuseppe Olmo era già campione italiano e argento ai Mondiali dilettanti del 1931. A 21 anni vinse la medaglia d’oro a squadre alle Olimpiadi di Los Angeles. Professionista dal 1933 al 1942, conquistò due Milano-Sanremo (nel 1935 e nel 1938), il titolo nazionale nel 1936 e venti tappe del Giro d’Italia. E nel 1935 ottenne il record dell’ora, infrangendo il muro dei 45 chilometri orari. Era un campione capace di pedalare accanto (e sovente davanti) ai grandissimi del ciclismo di quel tempo, di ogni tempo: Girardengo, Binda, Guerra, Bartali e un giovanissimo Fausto Coppi.
Ben presto, tuttavia, maturò in Giuseppe una vocazione imprenditoriale: voleva costruirsi da solo le sue bici e nel 1939 creò così la Olmo Cicli. Dopo la guerra i suoi studi sulle gomme lo portarono in Sudamerica, per approfondire la produzione di caucciù. Negli anni a seguire, cominciò a sfornare pneumatici, tubolari, materiali sintetici e, dal 1955, i primi poliuretani. Ecco le schiume per le imbottiture, mentre cresceva la richiesta dal mondo dell’arredamento e dell’auto. Negli anni 60, in pieno boom economico, il Gruppo Olmo divenne uno dei più importanti produttori di poliuretani a livello internazionale. E tale rimane, continuando a operare anche sul fronte bici e in altri settori.
E ora questa nuova esperienza, social-culturale: la Fondazione Giuseppe Olmo. A casa dei Medici, poi.
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