Onu paralizzata e gestione pandemica fallimentare: perché è urgente riformare le istituzioni
- Postato il 12 ottobre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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di Sara Gandini e Paolo Bartolini
La sfiducia nelle istituzioni e negli organismi “ufficiali” – soprattutto internazionali – si sta diffondendo sempre più nel corpo delle nostre società (post) democratiche. Ci sono buoni motivi, certo, vista la continua infiltrazione dei poteri economici nelle decisioni degli Stati e nelle realtà sovranazionali che dovrebbero garantire il rispetto del diritto. La gestione pandemica, perlopiù fallimentare e segnata da alcune giustizie intollerabili, ha acuito il sentimento polemico verso le organizzazioni preposte a dettare le linee guida per tutelare la salute delle persone e per regolare le dinamiche conflittuali globali. Da qui un florilegio di critiche radicali all’Oms e agli istituti che dovrebbero vigilare sui farmaci e su altre mille criticità del nostro tempo.
Tanto che con una nota formale, il Ministro della salute ha ufficializzato all’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) il rifiuto dell’Italia alle modifiche del Regolamento sanitario internazionale (Rsi) che introducono regole più stringenti per gli Stati membri in caso di emergenze sanitarie e pandemie. In più manca una visione di lungo periodo con investimenti che affrontino la crisi strutturale del sistema sanitario per far fronte agli effetti delle diseguaglianze sociali che si ampliano sempre più con un conseguente aumento della mortalità.
Purtroppo sfiducia e polemica, pur muovendo da uno scontento comprensibile, alimentano solo la pars destruens di un “ragionamento” che manca di idee su come rifondare e rigenerare gli organismi necessari alla vita comune. Non è un caso se Trump, Netanyahu, Putin e altri non riconoscono la Corte penale dell’Aia. Come non stupisce che l’Onu sia paralizzata da decenni e, recentemente, sia stata additata come un “covo di antisemiti” dal comandante in capo di uno Stato genocida.
Ecco, la posta in gioco nella transizione terribile dal mondo unipolare a quello multipolare riguarda oggi più che mai l’urgenza di rilanciare il diritto internazionale e nuove forme di governance centrate sulla cooperazione. Il sistema che governa il mondo – nel suo mix letale di accumulazione capitalistica, rincorsa tecnologica ed espansione dell’investimento sulle armi in chiave offensiva – invero lo sta destrutturando e consegnando a una stagione di guerre finalizzate a sostenere economie ormai allo sbando.
Di fronte a tutto ciò, non vediamo altre strade se non riformare in profondità le istituzioni, e renderle permeabili al dissenso argomentato e alle pressioni dei movimenti dal basso, in una dialettica finalmente feconda, per uscire dal labirinto e fare i conti con gli insegnamenti che provengono dai tre più grandi eventi di questi ultimi cinque anni: il caos pandemico, la guerra Nato-Russia in Ucraina e lo sterminio dei palestinesi ad opera di Israele (con la relativa riconfigurazione del quadrante mediorientale). I populismi, quasi sempre reazionari, non hanno risposte vere da offrirci. I liberal-progressisti, oggi proni alle politiche di riarmo, dal 2020 (e da prima) non sanno nemmeno formulare le domande giuste.
Bisogna mobilitarci per riaprire il dibattito sul destino delle istituzioni, sui vincoli da porre al gigantismo distruttivo delle multinazionali e della finanza angloamericana, sulla pace tra i popoli, su una riconversione ecologica dell’economia che non scarichi i suoi costi verso il basso, su una nuova alleanza tra saperi scientifici e opinione pubblica.
“Sii tu il punto, la soglia” invita Agamben in un potente recente articolo “…in cui sorgivamente sbuca il possibile, la sola vera realtà. Il pensiero non consiste nel realizzare il possibile, come i demoni ti invitano a fare, ma nel rendere possibile il reale, nel trovare una via di uscita dall’ineluttabilità dei fatti che l’ideologia dominante cerca di imporre in ogni ambito – e innanzitutto nella politica.” Essere questa soglia insieme, rigenerando tanto i movimenti dal basso quanto le istituzioni, è il passo decisivo per allontanarci dal ciglio del burrone. L’esperienza della Global Sumud Flotilla tocca questo nervo scoperto in maniera paradigmatica: sono i cittadini a mettersi in gioco e a pro-vocare le istituzioni in vista di una lenta, ma fondamentale, rigenerazione della democrazia.
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