“Scienziati di tutto il mondo unitevi!”: l’appello per dire no alle smanie belliciste dei governi

  • Postato il 19 giugno 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Non è curioso? Dopo lo scoppio del fenomeno Covid si è parlato – almeno sulla carta – di sanità, di necessità di proteggere la salute pubblica. E ancor prima siamo stati inondati di buone intenzioni, e di direttive Ue, per favorire la transizione ecologica e lasciarci gradualmente alle spalle una società energivora basata sugli idrocarburi e sul consumo scriteriato di suolo e di risorse. Eppure questa “dedizione” ai cittadini europei si è capovolta, in un batter di ciglia, nel progetto dell’economia di guerra che ci sta precipitando in un abisso di conseguenze imprevedibili. Il capitalismo delle emergenze – questo punto va ribadito – non si fonda sull’invenzione di criticità inesistenti, ma sulla gestione classista, neoliberale e filoatlantista delle emergenze reali che stanno presentando il conto agli umani nel Terzo Millennio.

Sembra che adesso, della salute delle persone (quelle che non potevano restare senza vaccino nemmeno un secondo, anche in fasce di età assolutamente non a rischio), non interessi più a nessuno. E nemmeno del paradossale “sviluppo sostenibile”. È ormai chiaro, infatti, che l’autoritarismo bellicista delle élite contemporanee non sa che farsene di certe premure per le nostre condizioni di vita e di salute. Pensiamo forse che la prospettiva di un conflitto nucleare esteso possa essere compatibile con buoni servizi della sanità pubblica e con il rispetto dell’ambiente?

L’ipocrisia dei nostri (s)governanti è stata smascherata da tempo: i principali leader del continente non hanno mai pensato al nostro benessere perché sono i rappresentanti di interessi (finanziari, militari e industriali) antitetici ai nostri. Lo capiamo quando pensiamo agli spiragli minuscoli che si erano aperti per una pace possibile in Ucraina, subito chiusi dalle reazioni di Germania, Francia, Regno Unito e altri guerrafondai che vorrebbero convincerci del rischio di essere aggrediti nei prossimi anni da Putin. Per sicurezza si armano fino ai denti, così lo scontro diventerà inevitabile.

Significativo è che l’Orologio dell’Apocalisse, gestito dal Bulletin of the Atomic Scientists, è stato recentemente spostato a soli 89 secondi dalla mezzanotte, il che rappresenta il valore più vicino alla fine del mondo mai registrato dal 1947. Serve una risposta organizzata e multilivello, dove un ruolo particolarmente importante possono ricoprirlo quelle persone che operano nei settori chiave dell’odierna configurazione socioeconomica: scienziati, ingegneri, ricercatori, esperti in comunicazione, professori universitari…

L’infrastruttura del potere contemporaneo è quella che attiene alle tecnologie avanzate, alla cosiddetta intelligenza artificiale, all’ambito dell’informazione pubblica. In un libro recente (Filosofia e Memoria, Il Saggiatore, 2025) il filosofo Carlo Sini individua proprio in questi soggetti l’avanguardia rivoluzionaria del nostro tempo, cioè coloro che hanno un accesso al potere effettivo dei saperi che contano: soprattutto tecnici e scientifici. Educarli alla comprensione della complessità in cui viviamo, liberandoli dall’ignoranza insita nell’ultraspecializzazione disciplinare al servizio degli attori di mercato, è una priorità assoluta.

Le masse, ancora disorganizzate e in preda a periodici entusiasmi populisti senza sbocco, devono imparare a tornare protagoniste, ma potranno farlo solo se coloro che detengono le chiavi del sapere-potere odierno si renderanno disponibili a invertire rotta, negando collaborazione e sostegno alle smanie belliciste di governi e industrie di armi. La scienza, evocata tanto a sproposito durante il caos pandemico, è il luogo di una ricerca aperta e infinita (erede della filosofia) che oggi, più che mai, può limitare i danni della furia tecno-capitalista.

Per riuscirci le persone in carne e ossa che lavorano nei laboratori, negli studi ingegneristici, nel campo statistico, nelle aree “ricerca e sviluppo”, nei sistemi di difesa… sono chiamate a una presa di consapevolezza enorme, senza la quale la loro intelligenza e il know how di cui dispongono potranno solo essere convogliati in direzioni nocive.

Accogliamo quindi l’invito di Sini, che suona oggi come una provocazione illuminante e necessaria: “Scienziati di tutto il mondo unitevi!”. E aggiungiamo che forse, essendoci sempre più ricercatrici in ambito scientifico, magari qualcosa finalmente può cambiare. Ce ne sono ancora poche ai vertici, ma vogliamo credere che le donne – abituate a tenere insieme il lavoro con la famiglia, gli affetti e le relazioni, possano finalmente incidere e fare la differenza. Perché c’è bisogno di una politica che parta da sé, dalle vite concrete, dai contesti in cui siamo, che sappia combattere con determinazione contro la spersonalizzazione e la dismisura che avvelenano i processi lavorativi e decisionali. E qualche interessante realtà si sta muovendo in questo senso.

Karen Hallberg, fisica argentina e ricercatrice principale presso il Consiglio argentino per la scienza e la tecnologia (CONICET), è la prima donna a ricoprire il ruolo di segretaria generale di Pugwash. Ha una lunga carriera accademica, essendo professoressa di fisica all’Istituto Balseiro e affiliata al Centro Atomico di Bariloche. La sua nomina rappresenta un passo significativo verso una valorizzazione del sapere delle donne nelle questioni scientifiche e politiche globali. Pugwash, fin dalla sua nascita, promuove la diplomazia scientifica, che include sia l’utilizzo della scienza nella diplomazia internazionale (come nel disarmo nucleare e nella gestione degli arsenali) che la cooperazione scientifica per migliorare le relazioni tra nazioni.

Tuttavia, la diplomazia scientifica oggi si trova a dover affrontare sfide come la polarizzazione crescente, la disinformazione e la diminuzione della fiducia pubblica nella scienza e minacce globali come le pandemie, conflitti armati e politiche di riarmo, il cambiamento climatico e le nuove tecnologie. E’ fondamentale quindi promuovere la responsabilità degli scienziati nel garantire che la scienza sia utilizzata per il bene comune, evitando che diventi strumento di guerra.

Il senso di responsabilità nei confronti delle nuove generazioni, che le madri conoscono bene, deve essere la guida per lavorare insieme per una pace disarmata e disarmante.

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