Maurilio Colombini è morto, ma un artista non può morire

  • Postato il 14 ottobre 2025
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Maurilio Colombini è morto. Maurilio Colombini non è morto. Un artista non può morire, nemmeno quando l’indifferenza del mondo si dispiega come una nebbia sul suo nome, nemmeno quando l’oblio erode terreno da sotto i piedi. Gli artisti vivono nella sfera eterna dell’arte e l’arte si spegnerà solo quando si spegnerà anche il sole. Ma noi siamo di quelli che non dimenticano gli artisti, per questo voglio ricordare Maurilio.

Lo conobbi sei anni fa a Piombino, grazie alla generosità di Dario Ballantini (Dario considera Maurilio uno dei suoi maestri di pittura, oltre che un carissimo amico), ci fu subito una corrente di simpatia tra di noi, era presente anche Daniela, artista e compagna di vita di Maurilio. Mi sono sentito subito amico di quel volto un po’ così, un volto sincero, una maschera viva e fluida, mi sono sentito affine alle sue parole veloci e precise, la sua voglia di lottare sempre contro qualcosa, il bisogno di avere amici ma anche nemici per dare sapore e sapere alla vita, e sentivi che la sua era stata una vita difficile, dura, ma questa durezza non aveva portato cinismo nella sua anima, anzi, una dolcezza ancora più profonda e affilata.

Maurilio ti accoglieva, se gli piacevi, senza paure, senza infingimenti, senza pose da artista, non si metteva su un piedistallo, ti guardava negli occhi da essere umano a essere umano. Non c’era l’accademia nella sua arte, prendeva i colori dalla vita, e sul suo pennello c’era sempre un po’ di sale, il sale del suo mare. Era considerato un maestro del colore, ma aveva anche facilità di tratto nel disegno, una dote naturale, il segno espressivo sgorgava dalla sua mente fanciullesca, innamorato della velocità, di tutto ciò che sgorga per annegare un senso di morte e di sconfitta, perché come amava ripetere “Se tutto va bene, rischiamo di essere felici”. E Maurilio, ne sono certo, è stato felice.

Diceva anche “Nei quadri trovi delle cose che ci sono solo nei quadri”. Chi non riesce a cogliere quelle cose è come se avesse una forma di cecità, e gli artisti come Maurilio hanno avuto il dono e la grazia di aprirci gli occhi, di farci vedere le forme del mondo sotto un’altra prospettiva, bagnate da una nuova luce: un cavallo, una Ferrari, un corpo, un clown, una composizione di girasoli superbi (e ci vuole coraggio e maestria per dare un senso ulteriore ai girasoli dopo Van Gogh). Ci vuole coraggio per essere un artista. E Maurilio era coraggioso, aveva domato la paura con le sue mani nodose e libere.

Era innamorato della vita, ma ancora di più dell’arte che ricrea la vita, che fa sua la vita, con un gesto preciso in un quadro o una scultura, e sentivi che le cornici dei suoi quadri erano solo una forma di tenerezza verso di noi, per proteggerci dall’infinito che può fare paura, ma basta seguire il suo coraggio, fare un passo fuori della cornice e ti ritrovi nella sua pittura che era ed è una costante e generosa sfida alla vita, fino all’ ultima pennellata. A guardare le opere di Maurilio si rischia di essere felici. Ed è un rischio che bisogna correre, per non essere ciechi, per sfidare il visibile, per lottare e amare.

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Il Fatto Quotidiano

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